Le parole “Bon-Sai” significano sostanzialmente “albero in vaso”, ma qual è la sua storia? Chi ha inventato questa particolare forma d’arte facendo in modo che tutto il mondo la potesse apprezzare?
Le fonti storiche ci riportano in Cina, durante la dinastia Tang (VIII secolo) dove su un dipinto murale della tomba di una principessa, vi è raffigurata un’inserviente che porta in mano quello che oggi potremmo definire un bonsai.
Inizialmente si trattava di alberi trapiantati in vaso, senza lavorazioni sulla chioma.
Si pensa che le piante in vaso siano state adottate dall’uomo per scopi erboristici, ovvero per portare sempre con sé le erbe medicinali. Con il tempo, continuamente potate, queste piante avrebbero assunto un aspetto così gradevole che si pensò di usarle anche per scopi ornamentali.
Dalla Cina, l’arte bonsai passò in Giappone all’incirca nel XII secolo: un rotolo del monaco buddista Honen raffigura alcuni bonsai.
Molto famosa è la storia di teatro Kabuki (XIV secolo) dell’autore Seami, che racconta la storia, molto toccante, di un povero uomo che ospita in casa il Reggente del Regno: essendo inverno, pur di riscaldare e confortare il prezioso ospite, brucia tre bonsai che rappresentavano i suoi unici beni.
All’epoca di Edo, dal XVII secolo, si hanno informazioni di bonsai simili a quelli che abbiamo oggi, riservati però alla nobiltà, che praticava la coltivazione per svago. Molto spesso le composizioni assomigliavano più ad un paesaggio in miniatura detto “bonkei”, con rocce e sabbia, piantine di accompagnamento, piuttosto che una singola pianta.
Da allora la coltura del bonsai si è diffusa sempre più ed il bonsai diventa simbolo del dominio nobiliare. Solo nel XX secolo anche le classi meno abbienti vi accedono, contribuendo alla sua diffusione.
Il motivo di tale fama può essere ricondotto alla filosofia Zen, che considera il fatto che evocare un luogo, un’emozione, un paesaggio in piccolo, vale tanto quanto vivere la medesima esperienza nel luogo a grandezza naturale. Poter vivere questo sentimento, portare la natura e la stagionalità fra le mura della propria casa, è tipico della cultura orientale.
Inoltre la triangolarità tipica delle piante in natura e quindi replicata nei bonsai, ha sempre evocato qualcosa di trascendente, riconducibile alla religione shintoista giapponese, come ad esempio la presenza di Kami (divinità) all’interno delle piante, che favoriscono una connessione fra cielo, terra e uomo ( i tre vertici del triangolo).
Il significato ben augurale di un bonsai ha quindi conquistato i giapponesi, che spesso lo espongono all’ingresso delle case per dare il benvenuto ai loro ospiti, oppure all’interno della casa nelle nicchie tradizionali dette “tokonoma”, curando nei minimi dettagli la pulizia e la composizione artistica (il bonsai viene accompagnato da un oggetto e da un disegno ad inchiostro) riferendosi ad un importante concetto presente nella cultura giapponese: WABI-SABI, ovvero godere della bellezza naturale, semplice, apprezzando le cose che appaiono antiche e ne mostrano i segni.
La catalogazione degli “stili bonsai” risale al XIX secolo, in particolare troviamo differenti stili di piante disegnati sui manuali di pittura, che poi saranno utilizzati anche per i bonsai.
Un particolare stile tipico nato in Giappone in questo periodo è il “Bunjin-Stile dei Letterati”. Evoca alberi esili che lottano contro le intemperie, spesso presentando solo pochi rami in cima ad un tronco sottile. Rappresenta un paesaggio tipicamente visibile nelle vallate a picco sui fiumi, spesso di gusto romantico e grottesco, che si ritrova spesso pitturato sui paravento o sui quadri dell’epoca. E’ uno stile che fu inventato dai figli di nobili cinesi fuggiti in Giappone a causa di persecuzioni, che si dedicavano alla pittura, alla poesia, alla calligrafia, poeti detti “Letterati” appunto, che dai bonsai di questo tipo traevano le loro ispirazioni.
Dal dopoguerra, sono intervenute altre mode, fra cui bonsai monumentali con tronco massiccio e folta vegetazione, utilizzati in contrapposizione con i precedenti esili e decadenti, allo scopo di voler rappresentare la ricchezza ed il potere del proprietario (il forte impatto visivo di questi bonsai conquisterà l’Europa). Il potere ormai è molto meno legato al titolo nobiliare, ma sempre di più basato sulla propria imprenditorialità.
Infine, nel nuovo millennio, in Giappone è aumentato l’interesse per i piccoli bonsai detti “SHO-HIN”, di altezza massima 20 cm circa, in quanto più maneggevoli e gestibili in piccole case o in piccoli appartamenti di condominio, seppur più difficili nella coltivazione.
Ma non è solo la pianta a cambiare “stile”: ad esempio la forma ed il colore dei vasi ha avuto la sua evoluzione, inizialmente si recuperavano i porta incenso rettangolari reperibili nei templi buddisti. Oppure si pensi all’uso del tavolino su cui esporre il bonsai: una volta si sfruttavano gli scrittoi o gli altarini votivi.
Insomma… è come dire che la tradizione del bonsai porta dentro di sé infiniti tasselli della storia dell’uomo!
Dal 1930 la più importante mostra di Bonsai in giappone si chiama “Kokufu-Ten” e si svolge ogni anno al Tokyo Metropolitan Art Museum ed è idealmente collegata ai suoi fondatori che si sono riuniti nel villaggio Bonsai di Omiya (vicino Tokyo) che, oltre ad avere un centro culturale ed un museo, offre ai visitatori molteplici piccoli vivai, ognuno curato da un famoso maestro.
Oggi diversi maestri giapponesi si contendono il titolo di “imperatore dei bonsai”, possiamo citarne due fra i più famosi: Kunio Kobayashi e Masahiko Kimura.
Tornando in Europa, il bonsai fa parlare di sé nel XIX secolo, in particolare all’esposizione Universale di Parigi (1878), che mise in mostra autentiche collezioni di bonsai, inserendosi nel contesto della moda dell’epoca sulle “giapponeserie”. Da lì, iniziano ad essere pubblicati libri sui bonsai in lingua europea.
In realtà il bonsai è stato scoperto realmente dagli occidentali dopo la Seconda guerra mondiale e lo stesso vale per gli Stati Uniti dove gli immigrati giapponesi portarono con sé i segreti di quest’arte, creando poi musei molto importanti come quello di Washington.
In Italia vi sono alcune personalità di spicco che contribuiscono ad espandere la cultura del bonsai: uno fra tutti, Luigi Crespi, che crea nel 1991 a Parabiago vicino a Milano il “Museo del Bonsai”, contribuendo alla formazione di nuovi bonsaisti (“Università del Bonsai”) e riunendo attorno a sé i principali collezionisti italiani.
Nel 1995 viene fondata l’UBI (Unione Bonsaisti Italiani) raccogliendo l’eredità di svariate associazioni nazionali.
Attualmente in Italia mostre e convegni attirano ogni anno l’attenzione del grande pubblico: non ci rimane che raccogliere la grande sfida che una semplice pianta in vaso propone all’umanità, ovvero “avvicinare l’uomo alla natura e gli uomini fra di loro”.
Ti è stato utile questo articolo? Puoi lasciare un commento o fare una domanda (La pubblicazione sarà soggetta ad approvazione)